Il telemarketing, nella sua versione outbound che vede l’azienda proporre prodotti o servizi in modalità push, oggi non gode né di buona stampa né di eccessiva simpatia. A renderlo inviso ha contribuito la presenza sul mercato di numerosi operatori aggressivi e poco professionali, le cui telefonate reiterate sono diventate talmente invadenti da sconfinare nella molestia.
Ciò non significa che il telemarketing, detto anche teleselling nella sua modalità outbound, sia da considerare superato o improduttivo. Piuttosto bisogna chiedersi su quali leve puntare per renderlo davvero efficace.
1. Formazione dell’addetto al telemarketing
Cominciamo dalla prima di queste leve: la formazione dell’addetto al telemarketing. Su questo argomento molto si è detto e scritto: dal giusto tono di voce da utilizzare all’adozione di uno script che funga da base per la comunicazione telefonica, dalla conoscenza approfondita di ciò che si vende alle tecniche di up-selling (indirizzare il cliente all’acquisto di prodotti o servizi più costosi dello stesso brand) e cross-selling (proporre prodotti o servizi correlati a quelli comprati in precedenza). Nonostante questo, o forse proprio a causa di questo, la tendenza è quella dell’indifferenziazione, vale a dire tutti i clienti vengono trattati alla stessa maniera. Il che è un paradosso. Nell’epoca del marketing personalizzato, l’approccio telefonico sembra essere rimasto alla dimensione massificata antecedente all’avvento del Web 2.0 e dei Social Network. Ci si rivolge alla casalinga e al dirigente d’azienda come se fossero una tipologia di consumatore identico, con i medesimi gusti, le medesime esigenze, gli stessi interessi. E questo avviene sin dall’esordio della telefonata, chiamando per nome entrambi. Il primo segreto per un telemarketing efficace, quindi, è conoscere l’interlocutore all’altro capo del filo.
2. Database aggiornato e implementabile
Per conoscerlo, è necessario possedere un database aggiornato che contenga informazioni attendibili e complete. Occhio, perciò, alle liste B2B e B2C provenienti da soggetti terzi. Nella scelta del fornitore, è fondamentale verificare provenienza, qualità delle anagrafiche, eventuali iscrizioni al Registro pubblico delle opposizioni, ecc. Sono i requisiti minimi, ai quali si possono aggiungere servizi a forte valore aggiunto che possono comprendere la clusterizzazione, cioè il raggruppamento in insiemi omogenei dei profili, e la georeferenziazione. Quest’ultimo non è un aspetto da sottovalutare: basti pensare all’importanza che la residenza di un cliente ricopre se l’offerta riguarda prodotti o servizi che si riferiscono a una determinata città o area del Paese. Sarà capitato a tutti di essere contattati telefonicamente da uno o più operatori che disponevano di dati obsoleti. Da qui l’esigenza che il database sia utilizzato come patrimonio informativo implementabile e in divenire, non quale contenitore statico di numeri telefonici. Ciò significa che se, per esempio, nel corso della telefonata si scopre che l’utente ha cambiato domicilio, allora sarebbe buona norma correggere l’inesattezza e non, come avviene spesso, prendere atto che la persona rientra tra quelle allo stato attuale oggettivamente non interessate e passare al cliente successivo.
3. Software per il telemarketing multisociale e omnicanale
Affinché il database sia costantemente aggiornato, deve essere integrato con il CRM aziendale e con un software per il telemarketing che consenta un’organizzazione dei flussi di dati in altrettanti lead e prospect. Meglio ancora se, detto software, permette di gestire anche i profili Social del medesimo cliente (multisociale) e le campagne di Direct Marketing fondate sull’invio di newsletter e e-mail commerciali. La questione non riguarda tanto o soltanto la capacità dell’operatore, che deve essere in grado di muoversi su più canali (anche, ma questo afferisce alla formazione di un dipendente con competenze in linea con l’ambiente digitale in cui viviamo). La questione ha a che fare con la centralità del cliente e con una profilazione sempre più accurata, perché basata su una pluralità di fonti che convergono verso un unico punto: quel singolo, inconfondibile cliente. Questa caratteristica, l’omnicanalità, è la chiave per la personalizzazione di cui si parlava all’inizio. Un telemarketing efficace, infatti, non si può concepire come attività unidirezionale, sganciata dalle azioni condotte dall’azienda tramite altri canali. Rischia così di essere contraddetta da proposte alternative che lo stesso brand veicola con strumenti diversi dal telefono. L’adagio evangelico “non sappia la sinistra ciò che fa la destra”, in questo caso, non solo è controproducente, ma può diventare l’anticamera del fallimento.