La customer satisfaction (CSAT) è l’indicatore principale per misurare il livello di soddisfazione della propria clientela. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna esistono organizzazioni, come l’Acsi nel primo caso e l’Ukcsi nel secondo, che ogni anno stilano un CSAT Index basato su una serie di interviste ad aziende di tutti i settori. Generalmente per rilevare la soddisfazione di un cliente rispetto a un evento, un prodotto o un servizio, gli si propone un insieme di domande sotto forma di sondaggio veicolato tramite telefono, mail, SMS, chat, social network. Il questionario adotta la cosiddetta scala Likert per definire l’atteggiamento, positivo o negativo, dell’interlocutore in una gamma che prevede tra le 5 e le 7 risposte.
Perché la CSAT deve incontrare i KPI di produttività
Poiché i contact center hanno l’obiettivo di gestire al meglio la relazione con il cliente, si prestano particolarmente alla proposizione di survey CSAT. Per fare in modo, però, che i risultati di queste verifiche possano incidere sulle performance del contact center, è utile incrociarli con i tradizionali KPI (Key Performance Indicator) con cui si è soliti calcolare la produttività del singolo operatore e del contact center in generale. Due su tutti, quali il tempo di risposta e i contatti per ora, rientrano tra quelli adoperati per fornire un quadro prestazionale attendibile. Presi da soli, tuttavia, questi due parametri non consentono di scoprire la loro incidenza sulla soddisfazione dell’utente. Mentre, invece, agganciati alla percentuale CSAT mettono in grado i responsabili di modulare l’attività su dei riscontri oggettivi. Se, ad esempio, una brevissima attesa è seguita da un dialogo deludente con l’operatore, il criterio del “minor tempo di risposta” non contribuirà a elevare il punteggio CSAT. Al contrario, un Average Handle Time (AHT), cioè un tempo di gestione del contatto più prolungato rispetto alla media giudicata standard, se sortisce l’effetto di essere risolutivo agli occhi del cliente, farà sì che questi restituisca un giudizio assolutamente positivo.
Customer experience e customer satisfaction, alcuni dati
Il sito Customer Thermometer ha raccolto numerose testimonianze di imprese dalle quali si ricava l’importanza della customer experience e della customer satisfaction. Divenute entrambe dei pilastri nelle aziende più lungimiranti, si fondano sul presupposto che oggi la fedeltà dei clienti non si ottiene puntando sull’identificazione al brand, sui prodotti o sul prezzo, quanto sulla qualità del servizio che ricevono. Gartner, ad esempio, ha previsto che entro il 2019 più del 50% delle organizzazioni investiranno in strumenti innovativi per la customer experience. O ancora, American Express sostiene che i Millennial, cioè i nati tra il 1980 e il 2000, sono disposti a pagare fino al 21% in più a favore di quelle aziende che spiccano per un customer service eccellente. O, infine, la società di ricerca Aberdeen Group ha calcolato che le aziende che garantiscono un customer service costante tramite più canali convergenti (omnicanale) riescono a mantenere l’89% dei loro clienti, a differenza delle altre che sono in grado di trattenere soltanto il 33% della propria clientela.
Fonte: Customerthermometer.com
Customer satisfaction e produttività del contact center
Una parte consistente di statistiche riportate da Customer Thermometer si riferisce alla customer satisfaction guidata da meccanismi self-service e di automazione. Forrester afferma che il 63% dei clienti è contento di interloquire con un chatbot, se questa è un’opzione che permette di accelerare la conversazione con un essere umano. Gartner, dal canto suo, azzarda previsioni davvero rivoluzionarie. Secondo il colosso mondiale della consulenza strategica nel settore IT, entro il 2021 il 15% di tutte le interazioni con il customer service sarà gestito completamente dall’intelligenza artificiale, con un aumento del 400% rispetto al 2017. Se si adottano, in questo caso, i KPI di produttività in uso nei contact center, questi vanno armonizzati tenendo conto di entrambi gli apporti, quello dell’assistente virtuale e quello dell’operatore. Il fattore tempo, inteso esclusivamente nella sua accezione classica di Average Handle Time, diventa una variabile meno rilevante, sostituita dalle competenze professionali e dalla capacità di raggiungere gli obiettivi assegnati. Infatti, essere maggiormente produttivi in un modern contact center oggi tende a coincidere sempre di più con il rendere felice il cliente.